One Inch Of Love Is One Inch Of Shadow

add per Phildor del Gufo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Sum.

    Group
    ~ In Add ~
    Posts
    11,594
    Reputation
    +84

    Status
    Online

    POST 8 ADDESTRAMENTO

    I colpi sono stati sferrati, le ferite inferte, e il sangue versato. Morte e gloria non si sono presentate a pretendere le nostre spoglie nella battaglia che si è appena conclusa. Dopo due respiri si presentano invece paura e sgomento per il dolore che prende possesso del mio corpo, affogandolo in una sensazione inesprimibile a parole – divento bianco in volto. C’è la sensazione di essere stato ingannato dal coraggio, borioso per certi versi, nell’atto di non indietreggiare dinanzi, è incolume ma non inviolato. L’anima mi si agita in petto, quasi mi sembra di sentirla sussurrare per quanto mi concentro tentando di resistere alla sua richiesta di cadere.

    Voglio fare un passo ma poi, scosso, l'udite stride e la vista si inerpica su una colonna che ora vedo di traverso; mentre barcollo è tutto caldo e freddo e tremo. La vita ha trovato il modo di scivolarmi via dal corpo, è nascosta nel pegno rosso che in tempi passati, Atena, avrebbe chiamato dono.
    Rabbrividisco al ricordo degli occhi di Atena e non capisco perché, se sto morendo, non mi venga altro in mente che il periodo più oscuro dell’esistenza greca. Forse perché, allora, Alessandra era viva? Il sangue mi scivola lungo il collo, è denso. Dove sono stato ferito? Perché c'è tutto quel sangue? – mi interrogo carico d’ansia.
    Perdo il filo dei pensieri mentre gli occhi, come due fari nella notte, scrutano il cielo.
    Sono disteso sul pavimento ed è tutto confuso.

    Percepisco il tessuto dell'esistenza, è fatto di fili d'argento in una tela d’ombra, intrecciati in un disegno che colgo sfocato ma che in qualche modo sento di poter intendere, che sento alla mia portata – è il classico sogno degli esseri umani comprendere ogni cosa e nonostante non sia mai stato il mio, ora, sento la necessità di capire cosa stia accadendo e cosa mi riservi il futuro .
    Mi ritrovo così a danzare con la mente sul confine che sta tra le cose a cui si crede e la verità ma non elaboro veri pensieri ora. Sto piuttosto solcando le acque che separano vita e morte, sogno e realtà; sto vivendo il tempo concessomi dal desiderio di sopravvivere, consumato dalle ferite - Che la morte mi stia aspettando al prossimo battito di palpebre? – è una idea a cui non ho modo di dare spazio poiché il mondo reale si insinua nella mia mente. C’è un nemico a cui dar conto! Da quanto tempo sono steso sul pavimento?

    Come fossimo distanti anni luce vedo Vlad o meglio la sua ombra, una immagine tra la luna e i miei ricordi. La sua figura è oscenamente oscura: una crisalide di sangue marcio e cosmo si schiude con una bestialità capace di annichilire quelle poche speranze di sopravvivere che mi rimangono – Mi ucciderà – mi dico mentre capisco che riesce ancora volare. Eppure, in quella orripilante forza colgo un certa, strana, lentezza che diventa una speranza, il suo sangue lascia una scia che ha tutti i contorni della fuga. Devo dargli il colpo di grazia, devo alzarmi! - la volontà è audace, il corpo incapace.

    Ogni battito del cuore mi riecheggia nelle orecchie come il ticchettio di un orologio, il suo battito sembra infinito se paragonato alla velocità con cui perdo conoscenza. Il sapore del sangue mi riempie la bocca, non pensavo di averne ancora in corpo. Solo allora, solo quando i miei occhi stanno per chiudersi la luce di un cosmo salvifico mi si insinua tra le palpebre, scosta le pieghe corrucciate della pelle graffiata e si fa spazio in me, fino all'anima.
    Quel potere, intenso e senza eguali, mi rianima quanto basta da riaprire gli occhi ma è un miracolo doloroso, a tratti straziante.

    La pelle che si ricuce emette lo stesso suono soffocato di quando si strappa, il sangue mi ribolle nelle vene ristorandomi ma non senza lasciare dietro di sé la sensazione che il cuore stia bruciando. il cosmo che arde per la mia vita è incomprensibile ma lo sguardo che mi si disegna nella mente è chiaro. E’ Atena a salvarmi, ha accolto la mia supplica.
    Il suo sguardo è molto diverso dall’ultima volta che avevo avuto modo di incrociarlo. La sua forza pur rimanendo immensa si è fatta gentile, pura. Mi sento al sicuro, forse per questo cedo, sfinito. Sotto di me il sangue, la polvere, la vita.

    Una lacrima mi scivola lenta sul viso, disegnando un fiume nel sangue. Vlad ha fatto scempio del tempio e insieme lo abbiamo reso teatro di uno spettacolo tanto breve quanto sanguinolento; certe cose, però, non si lavano via e un giorno qualcuno avrebbe vendicato l’assalto in terra greca. Forse proprio io - Forse Atena in persona - sto sognando.

    La scena è stupenda: Atena a cavallo di un destriero bianco, difesa dal suo scudo d’oro, cavalca nell’Ade. Il suo urlo di battaglia rompe le fila nemiche, che sfocate si disperdono al sol passaggio della sua gloriosa divinità. Quanti siamo al suo fianco! Scorgo più di quanti io riconosca; armature d’oro e d’argento, cosmi che esplodono e non lasciano scampo al nemico. Intorno a me urlano – Per Atena! – è un richiamo a cui la dea risponde voltandosi – Per la Giustizia! - la sua voce fa tremare i vili specter e infrange le resistenze nemiche. Il castello di Hades è nostro, la dea coglie l’ultimo afflato di vita del dio.
    Ci guarda, mi guarda e mentre gli stendardi greci sventolano lontani, sento la sua voce, è nella mia testa – Svegliati Cavaliere!


    Riapro gli occhi, capisco subito che quello era solo un sogno: confortante e amichevole, forse residuo della salvifica azione della dea.
    Mi guardo intorno, macerie e sangue, ferite e dolore. Mi rialzo, dal ventre mi giunge il doloroso ricordo di Vlad, è una ferita aperta.
    L'armatura è scomparsa, chiusa nel ciondolo che porto al collo. Dovevo essere davvero messo male...come quando... il ricordo di Tiro che rischia di scivolare lungo un dirupo, io che lo afferro da un polso...cadiamo insieme.

    Tiro! - esclamo, pensando che la distruzione del tempio non gli potesse essere certamente sfuggita. Avrei dovuto portare la battaglia lontano da lui, dal tempio, dai ricordi di sua madre ma invece mi ero fatto prendere dalla vana gloria, dall'istinto e avevo sottovalutato cosa questo potesse comportare.
    Raggiunsi a fatica il margine del tempio, i primi soccorsi furono lenti ad arrivare: ancelle, sacerdoti e cittadini. La notte li aveva radunati intorno alle spoglie polverose del tempio ed il mattino aveva dato loro solo me come speranza, sarei stato abbastanza?
    Non dovetti chiedermelo perchè i greci, nella loro infinita grazia, si resero protagonisti del più alto atto di coraggio che si possa immaginare: superando i grossi massi, il sangue, la rovina e opponendosi alla paura, all'ignoto, alla tremebonda visione che avevano innanzi, mi si avvicinarono, mi offrirono il loro aiuto, mi sostennero.
    Furono loro agli eroi, furono loro a dimostrare a me come bisognerebbe comportarsi dinanzi al male che avanza: senza abbassare la testa e aiutando gli altri, senza cercare la gloria ma meritandola in eterno. Sentii molte mani sul mio addome, delle bende, una nube di polvere emostatica ci circondava.

    Dopo un ora, tutti, erano al lavoro per liberare il tempio dalle macerie, ci sarebbero voluti anni, un tempo che avrei dovuto dedicare a diventare più forte - Questo sacrilegio è anche colpa mia... - mi ripetei più volte, mentre con passo sofferente mi dirigevo verso casa di Tiro dove ad attendermi trovai l'ennesimo colpo di Vlad, strappai il foglio dalla porta con mano tremante.


    jpg



    Il tuo vagare in luoghi che non ti competono,
    ha richiesto il pagamento di un prezzo.
    La tua setta non esiste più, tua moglie è morta, e tuo figlio appartiene a noi.

    Wladislaus Hagyak Țepeș Dragwlya III


    Bastardo! - urlai più e più volte mentre mi facevo largo tra le sedie ribaltate, inciampando tra i cocci delle brocche e i vetri delle finestre - Malaka! - imprecai, riferendomi a quanto bieco fosse l'atto di Vlad. - Tiro! - proferii a gran voce, sperando di sentire la sua voce nella casa, sperando di essere arrivato in tempo.

    La scomparsa di mio figlio era tuttavia evidente e io non potei far altro che patire la conseguente e straziante ferita che Vlad desiderava infliggermi. Il vuoto, anzi, la sensazione che qualcosa mi fosse stato strappato via, mi lasciarono senza fiato. Uscii dalla casa tenendomi lo stomaco con le mani ma la sensazione di essere stato torturato ed ucciso mi vinsero costringendomi carponi, con le mani sul terreno, la bocca piena di un rigurgito emotivo parente di sangue e disperazione. Presto i vicini di Tiro si fecero coraggio ed emersero dalle case come passeri spaventati dai tuoni, raccontandomi delle terribili risate provenienti dalla casa di Tiro, di come lui avesse chiaramente provato a difendersi ma di come, dopo pochi minuti, il caos si fosse trasformato in un silenzio surreale.

    Come si poteva essere così crudeli? Come si poteva osare tanto? Infliggere una tale pena ad un essere umano, ad un padre, un marito già colpito dal più grave dei lutti. Pensai che il mio destino fosse soffrire e per più di un istante meditai di fuggire nelle lontane terre che già avevano accolto il mio primo dolore, dove i monti sono freddi e la solitudine priva di speranze ma non potevo farlo perchè nonostante mi fosse stato inferto un duro colpo, Vlad, aveva commesso un errore : mi aveva lasciato in vita.
    Mi asciugai le lacrime, mi rialzai e rilessi la lettera minatoria ... tuo figlio appartiene a noi.

    Digrignai i denti, strinsi la carta con forza.
    La lettera non diceva che Tiro era stato ucciso ma anzi sembrava contenere una chiara minaccia : torna dove non ti è concesso stare e lo uccideremo. Ci appartiene, diceva, quindi Vlad era uno sgherro e qualcuno di più potente di lui poteva decidere di restituirmi Tiro - Devo salvarlo... - sussurrai.
    Intorno a me qualcuno provò a invitarmi a riposare, a riprendere fiato ma non avevo altro nel cuore che il mio scopo, ora dovevo andare al Grande Tempio - Devo parlare con i cavalieri d'oro, con Atena, loro sapranno come aiutarmi. - in grecia non si è mai soli. Non ci faranno questo, non ci faranno vivere nella paura, non sotto lo sguardo di Atena, sotto le ali del Gufo! - provai a rincuorarmi facendo mio il coraggio dei greci, la loro capacità di resistere.

    Non proferii altre parole, raccolsi pochi vestiti in un fagotto e mi diressi al Grande Tempio: avevo una missione.



    _________________________________________________






    Edited by Anfalos - 15/4/2024, 13:51
     
    Top
    .
15 replies since 19/2/2024, 15:30   366 views
  Share  
.
Top